Sebbene il GDPR abbia introdotto regole chiare per la gestione dei dati, la realtà quotidiana rivela un panorama ancora lontano dagli standard desiderati. Privacy policy irregolari, messaggi indesiderati e scarsa trasparenza caratterizzano molte interazioni aziendali, dimostrando che la protezione dei dati è spesso vista solo come un obbligo formale.
I dati: più di un semplice strumento di marketing
Le aziende tendono a considerare i dati come un mezzo per aumentare vendite o follower. Questo approccio riduttivo, oltre a essere eticamente discutibile, può danneggiare la reputazione aziendale. Un esempio emblematico è il calo di follower subito da Chiara Ferragni, che ha perso non solo visibilità, ma anche dati preziosi di utenti reali, evidenziando l’importanza di trattare i dati come risorse strategiche, non semplici strumenti di contatto.
Domande essenziali per una gestione responsabile
In un’era in cui i dati rappresentano veri e propri asset aziendali, è fondamentale interrogarsi su:
Queste riflessioni non devono essere isolate, ma ripetute periodicamente per assicurarsi che le condizioni operative siano sempre allineate agli obiettivi dichiarati e ai requisiti normativi.
Attenzione alla filiera dei dati
La protezione non può fermarsi ai confini aziendali: è cruciale verificare anche le pratiche di fornitori e partner. La catena del trasferimento dei dati deve rispettare standard elevati di sicurezza e legittimità, tenendo conto delle normative in arrivo, come la Direttiva NIS2 e il Cyber Resilience Act.
Investire in una gestione responsabile dei dati non è solo una questione di compliance, ma un’opportunità per rafforzare la fiducia degli utenti e il valore dell’azienda.